copertina non ho tempo di prendere a schiaffi tutti

“NON HO TEMPO DI PRENDERE A SCHIAFFI TUTTI” di Francesco Pellicini ( CD Latlantide/Edel, 2016)

 

“Sono un artista, lasciatemi stare!”.  Chissà , forse basterebbe questa frase a suggello per quelli come Francesco Pellicini (“Checco” per gli amici) e anche per quelli come lui, che vivono la loro poetica, ovvero la concezione del rapporto “arte/vita” come una necessità viscerale e dove i due poli sono quasi inscindibili. La frase è inclusa nel brano di chiusura di questo album “Da Leggiuno in Nazionale”. E in effetti basta già dare un’occhiata ai titoli dei 10 brani di questa sua seconda opera cantautorale per farsi una idea dello spirito di questo artista , scampato (o scappato?) al destino professionale di una famiglia di storici avvocati per dedicarsi alla sua vera vocazione, ovvero artista di teatro – canzone e operatore culturale (è organizzatore di diverse rassegne di teatro cabaret e musica).

A cominciare dalla canzone che da il titolo all’album: comunemente allo spirito che prende un po’ tutti coloro che prediligono la canzone di satira e denuncia rispetto a quella di evasione pura, il nostro Checco non manca di sottolineare gli aspetti più biechi  e contraddittori del nostro tempo, dai finti ribelli politicanti alle proteste sociali realizzate da chi invece trova in esse il rifugio per le proprie manchevolezze di impegno e di spirito di iniziativa (“Io stipendio lo dovete guadagnare”); fino ad arrivare alle tragedie del nostro tempo che invece di suscitare preoccupazione e solidarietà diventano pretesto per far riemergere alcune meschinità congenite di aberranti animi (“oggi ci mancava lo scafista a rievocare l’animo nazista”). Francesco oppone un rifiuto , una protesta contro la protesta, si potrebbe dire: Perché fare il gioco di chi ci vorrebbe sempre incazzati e irritati contro “quello che non va”? Abbiamo il diritto di essere sereni e felici e , forse, con le modalità che ci sono proprie, a contribuire alla miglioria della serenità nostra e del mondo , investendo il nostro tempo in attività costruttive e anche piacevoli, come fa lo stesso artista e organizzatore Checco: i maleducati e i cattivi  restino a rodersi il loro animo frustrato , noi proseguiamo per la nostra strada. Su un allegro ritmo di reggae –swing e un coretto femminile in perfetta coerenza di stile che scandisce un beffardo “I don’t waste my time”- (“non spreco il mio tempo”), si delinea chiaramente la freschezza dell’album che sfodera altre perle, tra il serio e il faceto. “Di scena in cena “ ,brano di apertura, sottolinea su un cullante swing la vita dell’artista che vede la sua vita come sospesa tra i due poli del massimo piacere realizzativo della sua attività: il momento del pasto come condivisione goliardica ed epicurea anche con altri colleghi o semplicemente da soli assorti nei pensieri contemplativi, e poi il momento della performance , condita dal “sorriso del comico” che in un certo spirito di duttilità artistica risulta quasi imprescindibile. Perché la vita è “condannata di poesia” all’interno di una partita che, per l’appunto, si gioca spesso di sera, quando noi artisti spesso sfidiamo il nostro pubblico alla partita con noi e i nostri argomenti. 

Ovviamente non si può far finta di non vivere nel mondo in cui viviamo ,per cui  una sana dose di realismo impone di aprire gli occhi e capire che i grandi miti del passato sono morti e sepolti ; e allora l’invito “Ti devi uniformare” non è da prendere come una resa o una rassegnazione, ma piuttosto ad assaporare le piccole belle cose che attorno a noi girano da cui si può ripartire: il mare,(non quello del mitico Ulisse , ma quello del caldo afoso di agosto dove si può fare un sano bagno), le stelle, la natura… E quando proprio non si riesce a fare a meno di constatare che la realtà è fatta anche di dura quotidianità ,soprattutto quella lavorativa, perché non riderci su ,soprattutto con situazioni a noi geograficamente vicine ? Checco , dal suo lago di confine , scherza – ma non troppo – sulle dure condizioni dei lavoratori frontalieri che dall’Italia ogni giorno si recano nella vicina Svizzera per strappare una sorte – e uno stipendio – migliore ; la condizione abitudinaria non è però delle migliori e allora un hard rock di lamento manifesta la tensione e lo scontento del “Prode Frontaliere” costretto a una routine fatta oggi anche di frustrazione per esser mal visti dagli indigeni, come noi vediamo male di qua dal confine, gli extra- comunitari che ,secondo i comodi luoghi comuni  “vengono a rubarci il lavoro”.

Momenti di struggente tenerezza sono regalati invece in “La forza che mi dai” , omaggio al padre da pochi anni scomparso; i ricordi sono fusi con la nostalgia ma anche con la forza che gli stessi danno per andare avanti nei momenti difficili; del resto tutto il discorso nascosto fra le righe del disco può essere visto come una sorta di parallelo tra la realtà e il mondo generale da cui non possiamo tirarci fuori del tutto e la “continuità familiare” che da conforto e forza per proseguire con la certezza di avere un rifugio e un conforto ma anche un senso, che c’è solo se i componenti più cari sono con noi: Qui l’omaggio esplicito al padre è implicitamente corroborato dalle fotografie dei figli che compaiono sia sulla copertina che all’interno dell’album: tra le righe dunque troviamo la stretta necessità di “far parte di chi è venuto e chi verrà; e questa è l’eternità”, come diceva Duilio Del prete, altro storico attore –cantautore.

E a testimonianza dell’importanza degli affetti artistico – amicali ecco “Vorrei prenderti sul tram”, inserita soprattutto come un omaggio all’autore del pezzo  Davide Rota, artista prematuramente scomparso e grande amico di Checco ; al di là dello spessore grottesco del pezzo, è importante il pensiero del ricordo di un valido autore che forse non ha avuto sempre la considerazione che avrebbe meritato.

Altro elemento importante nella poetica “pelliciniana”, come si accennava è la geografia; e dunque ecco un sentito omaggio alla sua Luino e al lago in “un’estate sul lago maggiore”, una fotografia semplice e rilassata di una giornata vissuta  nei luoghi prediletti con una strizzatina d’occhio tra il patetico e l’ironico a qualche amorazzo di gioventù che qui ha visto la luce; e ancora i luoghi della memoria tornano nella conclusiva e già citata “Da Leggiuno in  Nazionale”. E’ la rielaborazione di un brano già edito “Il dribblatore”, dove Checco rievoca le passioni sportive giovanili descrivendosi come un “dribblatore dalla finta eccezionale”, sia nello sport che nella vita, ma qui con un finale nuovo che si trasforma in un omaggio a un grande del calcio italiano, ovvero Gigi riva, che qui ha avuto i natali e cui è dedicato lo spettacolo che porta lo stesso titolo del brano.

Gli arrangiamenti a cura dei “Delfini d’acqua dolce” risultano efficaci e mai invadenti o comprensivi di virtuosismi gratuiti, nel pieno rispetto di una tradizione folk – cantautorale che però qui non risulta banale o scontata ma gradevole, dosata dei giusti arrangiamenti richiesti dallo spirito dei brani senza stancare l’ascolto, anche magari in brani di minore efficacia o rilevanza come “Rock Muriatico” o “Ho una marcia in più”.  E indubbiamente Pellicini mostra un salto di qualità rispetto al precedente album “Canta chi conta non conta chi canta…”, forte senz’altro anche della scelta di collaboratori assai più validi ,efficienti e interessanti artisticamente e umanamente.

 

www.francescopellicini.it

www.edel.it

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