etruria felix

“ETRURIA FELIX” di Melisanda Massei Autunnali (ed. Il foglio, 2015)

 

Vi immaginereste mai una classe liceale non di ragazzi in carne ed ossa ma di gatti? Sì, proprio di felini comuni…bè, forse non proprio comunemente intesi; ma che riescono a fondere le caratteristiche degli studenti di liceo classico (ognuno con la sua propria personalità) con le sinuosità , gli opportunismi e le furberie ,ma anche le tipiche movenze fisiche dei nostri amici quadrupedi “pelosi”. Un piccolo sforzo di fantasia e… eccovi serviti da “ETRURIA FELIX”, terza opera letteraria del ciclo “Progetto Dodecapoli” dell’autrice toscana Melisanda Massei Autunnali.

L’intento di dare una sorta di “summa” storico – archeologica si unisce così ad una gradevole storia che vede come protagonisti la classe di gatti insieme al professor Bellandi, insegnante in carne ed ossa un po’ in bilico tra lo stralunato e il tentativo di essere “tutto d’un pezzo” di fronte a questa curiosa quanto improbabile “combriccola”, cui si rivolge un po’ grottescamente con appellativi tipicamente toscani (“lei là col pel nero”…).

Le caratteristiche feline sono quelle che determinano, di fatto, lo svolgimento del plot narrativo; i gatti( identificati con tanto di nome e cognome come dei veri esseri umani) hanno i loro bio – ritmi e dunque è impensabile che resistano più di un tanto seduti a dei banchi di scuola. Ecco dunque la “curiosità” che proverbialmente può “uccidere” il gatto, in questo caso sprona il professore all’apprendimento sul “campo” con continue gite e visite sui luoghi della storia che una classe di allievi “normali” si limiterebbe ad apprendere sui libri di testo (e ,sembra suggerirci l’autrice, forse è questa anche la “natura” degli allievi di una certa età in cui gli impulsi vitali si fan sentire di più e così potrebbero esser più facilmente appagati). I gatti si fanno notare chi per la diligenza, chi per l’essere scapestrato, chi per la timidezza ( e tra l’altro sono persino ritratti in appendice al libro ognuno con la propria fotografia).

Il protagonista però risulta il gatto Ivano Tussinini , quello più sensibile e intelligente anche se a volte sottilmente presuntuoso, con cui il professore ha una sorta di rapporto “privilegiato”; nella divertente assurdità della vicenda, si tratta del gatto in cui Bellandi trova spinta e motivazione al proprio ruolo in una sorta di dialettica fra “speci viventi”(a volte si può notare anche una chiara intesa “para-verbale”); quello che lo stimola a discussioni culturali che spesso si rivelano l’altra faccia di quelle umanitarie, laddove con altri gatti alunni è più difficile instaurare un dialogo più “ragionevole” . Del resto i gatti hanno spesso occasione di rivelarsi metaforicamente l’altra faccia di scolari classici; ad esempio quando Ivano dichiara la propria natura curiosa come forza motrice per conoscere e scoprire cose nuove. Dalla sua il professore ha buon gioco a incitare gli alunni (e in particolare sempre Ivano) a non arrendersi mai nelle loro ricerche e curiosità motrici anche quando sembrano imprese titaniche; una citazione come la scoperta di Troia da parte dell’archeologo Schliemann , realizzata e portata a termine quando sembrava improponibile , è in tal senso emblematica.

La forza globale del testo è quella di condensare in un racconto divertente e commovente al tempo stesso delle micro – lezioni di storia e archeologia come è dichiaratamente espresso dall’intento di Melisanda ; Il racconto mantiene sempre la sua freschezza e la sua scorrevolezza nell’arco di poco più di 260 pagine, anche se forse qualche episodio risulta un po’ ripetitivo e superfluo e poteva essere “condensato” in altri passaggi. Ogni personaggio , felino o umano, è ben caratterizzato e senza fronzoli; non mancano anche passaggi anche pungenti come il tratto dove Ivano scopre il “Gossip dell’epica” di fronte alla statua di Virgilio , quasi messa lì a bella posta, per ricordargli un momento dell’”Eneide” : l’amore e la fine della storia tra Didone ed Enea, che fa il parallelo con la storia di amore di Ivano e la sua Clotilde, gatta avventuriera incontrata e poi perduta per sempre  durante una delle sue gite e che costituirà il suo cruccio e il suo “tallone d’Achille” all’interno della sua forza e sagacia di rara finezza che lo contraddistingue dai suoi compagni.

Altri elementi simbolici tornano e fondono il continuo gioco di rimandi tra l’irrequietezza,  l’estrema curiosità felina (e dunque la sua dinamicità tipica anche se vogliamo dell’adolescenza) e la staticità “parlante” della storia che non smette mai di comunicarci con la sua voce fatta di immagini e poesia: ecco che dunque il nostro Ivano è capace di emozionarsi di fronte a un vaso etrusco dove si nota una “figura rossa con la terracotta (..) nel ricordo di una storia che tutti in Grecia dovevano conoscere :L’Iliade: Il troiano Sarpedonte colpito a morte da Patroclo…”. La storia parla a un gatto come ad un umano sensibile di oggi ,mentre i gatti risultano anche più perspicaci di noi nell’intuire se un umano dice la verità o meno. E’ il caso del momento grottesco in cui i gatti riescono a far dire al professore della “gita a Perugia” con una ragazza del suo passato e a farlo “confessare” fra le righe anche alcuni particolari che un uomo del suo calibro forse non avrebbe concesso.

 

I capitoli del libro sono introdotti da un verso  o una strofa tratti da alcune frasi di cantautori e la prefazione è affidata al cantautore –attore Franz Campi; la musica d’autore è dunque apertamente un complemento arricchente del retroterra culturale di questa valida e interessante scrittrice – giornalista che porta a termine con questo volume un’operazione tanto originale quanto azzeccata: la storia attraverso l’amore. Non l’amore banalmente inteso ma quello per l’umanità: perché anche attraverso gli animali e l’arte si espleta appieno l’amore per il prossimo. E Melisanda dà prova di saperlo bene e di poterlo comunicare anche meglio.

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