canzone dell'immortale pasi

“LA CANZONE DELL’IMMORTALE” di Paolo pasi (Spartaco, 2017)

Ponete il caso di essere appassionati di un genere artistico spesso ritenuto dai più “troppo rivolto alle masse” e quindi non considerabile del tutto tale. E immaginate un giorno di trovarvi di fronte ad un’opera letteraria o artistica che non solo nobilita quel genere ma lo fa al punto tale da elevarlo a crocevia risolutivo di una serie di problematiche esistenziali, politiche, sociali. Bene: il minimo che possa capitare è di rimanere sconcertati, a bocca aperta, e a maggior ragione se si ha la sensazione di trovarsi di fronte a un capolavoro letterario. Paolo Pasi, con il suo “La canzone dell’immortale”, non solo propone una viscerale dichiarazione d’amore per il genere della canzone (o come spesso si dice con malcelato snobismo , della “canzonetta”), ma addirittura- attraverso ciò – riesce a condensare con sapienza olistica (per così dire) le aspirazioni, le frustrazioni, le occasioni mancate e quelle ancora da mancare della mezza età tentando di ingannare in senso lato le umane dimensioni del tempo e dello spazio, quasi si possano bloccare e manovrare a proprio piacere con una maestria i cui connotati  sfuggono persino al lettore più attento. Del resto in apertura di testo si dice che “il tempo è irrilevante”, frase che solo un immortale di livello “tripla A” – come è e si dichiara il protagonista indicato come “LATO A” – può dire. Ma il fatto è che anche l’essenza e i privilegi dell’immortalità sono messi in discussione. E neppure il co – protagonista “LATO B” , il cinquantenne cantautore frustrato del “rating” “Classe B” può dirsi  del tutto “sconfitto” se curiose quanto insperate strade gli si prospettano soprattutto grazie alle geniali intuizioni della figlia .

 

L’ambientazione “planetaria” cui si fa cenno nell’introduzione ( dal “Pianeta eletto” proviene l’immortale del lato A e nel “pianeta delle esistenze perdute”  può essere collocato il mortale del lato B)  ci rimanda apparentemente ad una dimensione di felicità e di infelicità iniziale come i pianeti “FELONA E SORONA” dell’omonimo disco del gruppo “Le orme” del 1973 ; e come tali pianeti assisteremo ad un progressivo avvicinamento dei due poli che però non sarà mai dichiarato e riconosciuto dai protagonisti ,a differenza che nell’lp citato;  Ci troviamo  in una dimensione “trans- globalizzata”, dove i cittadini sono classificati con le stesse lettere del rating finanziario e dove il motto “Credere obbedire competere” rivela una sorta di fascismo come dimensione naturale dell’uomo “vincente” .  L’immortale smentisce le “ingenue visioni” sulla sua condizione, vista dai più come eterna beatitudine, svelando la sua, si potrebbe dire , “noia immortale” (invece che mortale), sempre in attesa di una canzone  che “squarci il velo paradisiaco della sua immortalità”. Condizione analoga e speculare al mortale “Lato B” che nel suo pianeta desolato vive il ruolo per lui avvilente di addetto dell’archivio digitale permanente ,dove si selezionano le canzoni da salvare e quelle da cancellare secondo un inquietante “indice di produttività emotiva” derivante dalle stesse sulla popolazione. Egli vive con una canzone “latente”, cioè da lui composta o abbozzata tanti anni prima ma poi dimenticata , che non riesce a ricordare e lo tormenta.  A trovare una possibile soluzione sarà la figlia Caterina suggerendogli di rivolgersi all’”ospedale delle canzoni” di cui egli fino a quel momento ignora la possibile esistenza: Forse lì troverà la sua canzone “malata”, ma finalmente “ricordata”.

 

In realtà il lato A e il lato B troveranno il punto di incontro nella figura di un compositore – cantore poeta in grado di condensare i reciproci riscatti : Per il “Lato A” quello di scrivere una canzone richiestagli dalla fantomatica immortale Elisia, per il “Lato B” quello di ritrovare la sua canzone e l’atto del suo talento naturale . Come andrà a finire?

“Niente è come sembra” ci ricorda Franco Battiato e qua sembra proprio di essere di fronte ad una serie di certezze che crollano, di veli che si squarciano, anche negli angoli più reconditi del nostro inconscio; Le canzoni, le musiche fanno parte della nostra vita e la questione preoccupante è che ora non servono nemmeno più a vendere ma a “far vendere”  come in una sorta di serie di scatole cinesi della logica commerciale, non come “mezzo”, bensì  come tramite per un ulteriore mezzo; In effetti fra le righe del testo c’è molto da scoprire; a parte le continue citazioni di brani soprattutto cantautorali che Pasi sfodera nel progresso della narrazione (che rimandano ad elementi della vicenda in quanto tale), vi sono dei segnali in codice che non fanno che aumentare l’inquietudine della perversione manipolante di questo mondo “di sopra” : A.Di.Pe. è l’acronimo di Archivio digitale permanente, dove lavora il nostro “Lato B”: letto così ci rimanda alla “crescita della pancia” che spesso contraddistingue la perdita di energia e la pigrizia crescente tipica della mezza età: dunque “comodità” nella pigrizia derivante dalla becera “evasione” delle canzoni stesse: insomma un ente digitale volto subdolamente a “controllarci” e ad “acquietarci”. Solo qualche volta a qualche abitante del pianeta terra capita la fortuna di venire “estratto” a sorte per uscire dalla routine dominatoria e avere una “seconda possibilità”; ma sembra essere il corrispettivo delle vincite al superenalotto o al bingo e quindi che tocchi ad uno piuttosto che ad un altro è, per l’appunto,  solo questione di fortuna.

E’ proprio la richiesta di una canzone- che turba l’imperturbabilità “presuntuosa” dell’immortale- l’elemento potenzialmente “risolutivo” che impedisce di far figurare il “Lato A” come vincitore della vicenda, anche se forse egli non fa granché per mostrarsi tale visto lo scarso entusiasmo che mostra nella descrizione di se stesso lungo le pagine iniziali; ma la sufficienza e la supponenza fra le righe che ad ogni “ripresa” (capitolo) a lui destinata emerge dalla sua loquela ce lo fa diventare irritante ed antipatico ed il fatto, come si diceva, della richiesta di una canzone da parte di Elisia , lo “abbassa” se non fra i comuni mortali comunque ad un piano di “raggiungibilità” e vulnerabilità dove nel nostro intimo lo possiamo già più facilmente accettare.

Del resto lo stesso fatto che i due protagonisti vengano indicati come  “lato a” e ”lato b” induce a ritenerli non due antipodi ma due facce della stessa medaglia, lato vincente e lato “perdente” o secondario, lato divino e lato mortale, in cui,  come in un disco, non è detto che il primo risulti di fatto migliore del secondo

Anche la psicanalisi non può mancare in questa serie di peripezie e dunque al nostro lato “b” è offerta la possibilità di uscire da quello che viene individuato come disagio generale, una strana “terapia” musicale con lo “psicomusico” Chioma. Ma in realtà la scoperta più interessante delle varie “ricerche” che vertono più o meno sull’inconscio è quella che capita all’immortale quando il compositore Taruk rivela quello che forse è il punto cruciale della questione, ovvero che l’ispirazione più profonda e dunque la creatività risolutiva può avvenire solo  nell’assenza, nel vuoto , nella dimenticanza ; il che è paradossale per un immortale che nega importanza o addirittura l’esistenza del passato e del futuro come significative esperienze delle dimensioni; ma tant’è : per uscire dalla “noia immortale o mortale” nulla v’è di meglio della creatività personale e più che dall’esperienza deriva dalla dimenticanza. Citando un successo del disciolto gruppo Aereoplani Italiani: “Non imparare ma dimenticare”!

Pasi forse “toppa” soltanto quando sembra colorire un po’ troppo la dimensione narrativa che arricchisce a dismisura la dimensione cosmica dei due protagonisti, forse nel timore di non dire abbastanza, di non riuscire in una titanica impresa quale è quella che sembra proporsi questo romanzo: la nobilitazione della forma canzone al punto da vederla come chiave di lettura del senso della vita. Ma è innegabile che ci troviamo di fronte ad un capolavoro del genere che, ci permettiamo di “modestamente proporre” tra il serio e il faceto, meriterebbe forse di essere adottato come libro di testo, se non nei conservatori, almeno al Centro Europeo di Toscolano, la scuola per cantautori e interpreti della canzone di Mogol.

(L.M.)

 

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